Di quanto il raduno è stato bello, divertente, appassionante, ecc.. è già stato scritto tanto e tanto verrà ancora scritto e documentato...
Quindi che dire di nuovo?
...Quoto... (vero Luca?)
Una parola invece per innescare una riflessione, che poi decideremo se fare a livello individuale o collettivo (e in quest'ultima ipotesi se "allargato" o "ristretto").
L'esperienza, a mio parere, è stata istruttiva sotto molteplici punti di vista.
E reputerei poco saggio (o "da pazzi", giusto Gianni?) fare in modo che l'esperienza non venga messa a frutto per incrementare la reattività nei momenti critici.
A me cosa ha insegnato?
Che anche se ho passato mille esperienze e messo a frutto mille "piani di emergenza", non posso non tener conto del contesto.
Se fossi coinvolto in un megatamponamento in galleria, o se un traghetto andasse in fiamme o se fossi a bordo di un treno che deraglia, saprei come comportarmi, o per lo meno nella mia testa ho messo a punto ipotesi teoriche per cercare di districarmi rapidamente e dedicare il minor tempo possibile al ragionamento, passando "all'azione".
Ma questo è vero e applicabile solamente nell'ipotesi di essere solo al momento del "fattaccio, o al massimo accompagnato da miei familiari di cui sono responsabile e che sanno "a priori" di dovermi seguire senza discutere (pena sculaccioni).
Mentre in altre situazioni il contesto può mandare all'aria tali piani.
E allora: dove scatta il confine del "ognun per sè e dio per tutti"?
Oppure fino a che punto è lecito e doveroso adottare azioni preventive che non possono eliminare il rischio o l'imponderabile, è vero, ma ti possono aiutare a gestire meglio il decorso "post-operatorio"
?
Voglio dire queste parole in un momento in cui una potenziale tragedia si è risolta in fin dei conti positivamente.
Dio non voglia di dover tornare a commentare fatti negativi, con il peso sulla coscienza di non avre fatto tutto il necessario per mitigare i potenziali rischi "pre" e le potenziali conseguenze "post".
Ciao a tutti
Siete stati in gamba.